Rio de Janeiro, in Brasile, ha una doppia anima: con i suoi colli ripidissimi, la foresta, le sue spiagge infinite e l’oceano atlantico è unica; quando la nebbia scende sulla foresta e l’unica cosa visibile sono il Pan di zucchero, il Cristo e pochi altri colli, sembra uscita da un libro fantasy; mentre le favelas, con le loro immense distese di case in mattoni forati non finite che sembrano dover crollare lungo i pendii su cui sono costruite, mostrano un’altra Rio che a fatica, e con non poche difficoltà, sopravvive giorno dopo giorno.

Il clima è tropicale il che significa che le temperature si aggirano sempre intorno ai 22-30 gradi, un paradiso.

Noi siamo venuti nella nostra estate e, contrariamente a quello che molti pensano, è il periodo migliore poiché il clima è secco, le temperature sono moderate e in città c’è sempre una brezza piacevolissima che arriva dall’oceano.

Arrivando dall’aeroporto abbiamo attraversato diversi quartieri dove è difficile orientarsi se è la prima volta che si viene a Rio, la nostra destinazione finale era Copacabana.

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All’improvviso ci siamo ritrovati sull’Avenida Atlantica, il lungo viale che costeggia una delle spiagge più famose del mondo; è immenso con molte corsie per le auto e una enorme parte pedonale piastrellata con sanpietrini bianchi e neri con un disegno a onda, come quelli che ci sono a Lisbona.

Percorrendo l’Avenida sulla nostra destra avevamo la spiaggia e l’oceano, sulla nostra sinistra invece un susseguirsi di hotel a cinque stelle, ristoranti e locali notturni ed edifici residenziali.

Per quattro notti abbiamo alloggiato qui al Marriott, un grattacielo affacciato sulla spiaggia con una terrazza all’ultimo piano con una vista mozzafiato e un servizio impeccabile.

Il quartiere di Copacabana sorge tra l’immensa spiaggia e le ripide colline alle sue spalle, ed è una delle zone più popolate della città.

La spiaggia è lunga 6 km, ogni albergo ha una parte di spiaggia privata per i propri ospiti, ma la maggior parte della spiaggia è libera ed accessibile a tutti; noi l’abbiamo percorso tutta dall’inizio alla fine, camminando sul bagnoasciuga; da qui si ha una bella vista su Rio.

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Sul lungo mare ci sono molti chirinquiti che vendono bibite, l’onnipresente agua de coco direttamente dalle noci di cocco appena aperte e poi ovviamente l’immancabile caipirinha.

Ovunque ci sono venditori che cercano di vendere ai turisti parei, cappellini ed altre cose; la sera sul lungomare c’è un mercatino turistico che vende souvenir di tutti i tipi, noi abbiamo fatto un giro e abbiamo trovato, in mezzo a tanti oggetti made in china, alcuni oggetti di artigianato locale interessanti, perfetti per fare qualche regalo.

Copacabana non è l’unica spiaggia di Rio, ce ne sono ben 37, tutte di sabbia bianchissima e con un mare azzurro intenso, però resta la più conosciuta insieme a Ipanema.

Molti cercheranno di mettervi in guardia sulla pericolosità delle spiagge, in particolare per i furti a danno dei turisti; si è vero che ovunque, e non solo in spiaggia, il rischio di essere derubati a Rio è abbastanza alto, ma è sufficiente non portare con sé oggetti di valore e non fare sfoggio di brand appariscenti e non vi succederà nulla.

La spiaggia di Ipanema, anche se è molto grande e lunga, ha un’atmosfera più raccolta di Copacabana ed è frequentata da molti Carioca, il mare qui è un po’ più mosso di Copacabana ma l’acqua è molto più pulita.

Alle spalle della spiaggia scorre l’Avenida Vieira Souto un viale alberato che ospita molti edifici residenziali, qualche boutique hotel, negozi fashion e molti locali e ristoranti dall’atmosfera vivace e trendy.

Questo è il quartiere di Ipanema che si estende dalla spiaggia alle sponde della laguna Rodrigo de Freitas a forma di farfalla, tutto intorno c’è un perimetro di 7 km perfetto per fare jogging o un giro in bicicletta.

Sempre a Ipanema c’è l’head quarter di H.Stern, una gioielleria fondata da un immigrato tedesco negli anni ’50 che ora ha negozi in tutto il mondo; abbiamo visitato sia il museo, la parte produttiva che il negozio; come non comprare un souvenir di Rio qui. J

Accanto c’è il quartiere di Leblon, una delle aree più trendy di Rio che insieme a Ipanema costituiscono la zona della città più esclusiva e alla moda, frequentata e abitata dai Carioca più benestanti.

Edifici residenziali e hotel hanno una vista meravigliosa sull’oceano, qui ci sono i migliori ristoranti e locali di Rio e le boutique più costose.

Ma non siamo venuti a Rio per lo shopping e non solo per le spiagge; Rio de Janeiro ha molte cose da vedere.

Noi abbiamo iniziato da un grande classico: Il Cristo Redentor sul Corcovado, una delle iconografie più conosciute di tutto il Brasile.

Noi abbiamo preso un taxi, ma è raggiungibile anche in metrò o in autobus, siamo andati alla stazione del Trem do Corcovado in calle Cosme Vehlo; è possibile comprare i biglietti una volta arrivati qui, ma per evitare le code si possono comprare online oppure in una serie di punti vendita che si trovano sul sito TremdoCorcovado (link al sito).

Sono dei trenini elettrici rossi a cremagliera che salgono ogni mezz’ora sul colle del Corcovado, che significa gobba, in 20 minuti attraversando il parco nazionale della Tijuca, la foresta pluviale autoctona di Rio, la più grande foresta in un area urbana del mondo; è quello che resta di una foresta molto più ampia e si estendeva su tutta l’area urbana e oltre.

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In certi punti la ferrovia è a picco sulla foresta, una vista da non perdere che a un certo punto della salita spazia fino a Ipanema; meglio sedersi nella parte destra del treno salendo per goderla a pieno.

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Mentre saliamo ad un certo punto dal nulla appaiono un gruppetto di ragazzi brasiliani armati di strumenti musicali che si mettono a cantare e ballare Mas que Nada; sarà anche una cosa turistica ma non importa, hanno creato un’atmosfera di gioia e allegria che solo in questa parte di mondo si riesce a vivere così intensamente.

Quando il trenino arriva alla stazione in cima, scendiamo e prendiamo un ascensore panoramico che sale fino a dove c’è un corner per le informazioni e un bar con tavolini su una terrazza con una vista su tutta Rio.

Un’alternativa un po’ più faticosa ed avventurosa è percorrere una delle oltre 50 vie per scalatori che ci sono sul Corcovado, abbiamo visto qualcuno salire a piedi ma non è cosi semplice poiché sono percorsi che si avventurano nella foresta e alcuni prevedono la scalata in parete.

Da qui le scale mobili ci portano sulla terrazza dove c’è il Cristo, che meraviglia, svetta con i suoi 38 metri (30 mt di statua e 8 mt di basamento) su tutta Rio, con la braccia allargate quasi ad abbracciarla, un abbraccio di 28 mt da una mano all’altra.

Il Corcovado è alto 710 metri e dalla terrazza si ha una vista mozzafiato a 360° sulla città; spesso c’è un po’ di foschia o nebbia, meglio salire il mattino quando il sole è a favore e la probabilità di foschia è minore; anche se un po’ di nebbiolina tra i colli ha un non so che si fiabesco.

Noi abbiamo avuto fortuna, abbiamo trovato una giornata meravigliosa.

Facciamo tantissime foto e non vorremmo mai andare via da qui ma altre meraviglie di Rio ci aspettano.

Da qui, sempre in taxi, più sicuro dei mezzi pubblici, andiamo a visitare uno dei templi del calcio che ha fatto la storia di questo sport: il Maracanà, il cui nome per esteso è: Estadio Jornalista Mario Filho, ma conosciuto anche come O Dromo.

Del vecchio stadio, inaugurato nel 1950 in occasione dei Mondiali di Calcio e che arrivava a contenere quasi 200.000 persone, è rimasto ben poco; si è rifatto il look già due volte, l’ultima delle quali per i Mondiali di Calcio 2014.

Il tetto in cemento è stato demolito ed è stato ricostruito in fibra di vetro e teflon; sono state demolite anche i due livelli di gradinate per costruire le nuove gradinate che hanno i seggiolini blu, gialli e bianchi e che con il verde del campo rappresentano la bandiera del Brasile, ora i posti sono meno di 80.000; un restauro costoso, si dice che  abbiamo speso 404 milioni di dollari americani.

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Che emozione entrare in questo tempio del calcio, all’ingresso ci sono le orme dei grandi campioni brasiliani, qualcuno ce lo ricordiamo molto bene, altri purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di vederli giocare.

Per entrare abbiamo preso un ascensore che ci ha portato al sesto piano, da qui si entra nello stadio che si apre sotto di noi, ci guardiamo intorno senza parlare, al pensiero di quello che questo stadio rappresenta per i brasiliani e per le due squadre che ci giocano, il Fluminense e il Flamengo, abbiamo i brividi.

Scendiamo verso il campo, da qui abbiamo la prospettiva di un giocatore, ci immaginiamo gli spalti pieni di tifosi, dev’essere un’emozione impossibile da raccontare.

In seguito siamo andati a Botafogo, un quartiere residenziale borghese, anche qui c’è una bella spiaggia, più piccola di Copacabana e Ipanema ed è chiusa in una baia, Baia Guanabara, alla fine della quale sorge il Pão de Açúcar, o Pan di Zucchero; dalla spiaggia si possono fare delle fotografie bellissime con la baia e il Pão de Açúcar sullo sfondo.

La nostra prossima meta è proprio il Pão de Açúcar.

Non è altro che uno dei monoliti di granito e quarzite ricoperti di vegetazione lussureggiante di Rio, la sua particolarità, oltre alla privilegiata posizione su una penisola che si protende verso il mare, è che nel 1913 vi hanno costruito una funivia, il Bondinho, che porta i visitatori fino in cima al colle.

Le funivie sono due: la prima porta i turisti al Morro di Urca alto 220 mt, qui c’è una terrazza panoramica da dove si ha una vista impagabile sulla baia e sulla costa frastagliata poco più lontano, c’è un negozio, un ristorante e una pista per elicotteri; la seconda funivia da qui porta in cima al Pão de Açúcar che è alto 396 mt.

Già dalla cabina della funivia, tutta a vetri, la vista è bellissima, cerchiamo di immaginare come sarà una volta arrivati in cima.

Alcuni visitatori scelgono un modo un po’ più avventuroso per salire: l’arrampicata sulla roccia, abbiamo visto qualcuno che saliva sulla ripida parete.

Da qui la vista è spettacolare, da un lato le spiaggie di Leme e Copacabana con alle spalle i grattacieli, altri monoliti, la foresta, altri quartieri e le favelas abbarbicate sui pendii, si vede ovviamente anche il Corcovado; con quel poco di foschia che rende tutto ovattato e quasi magico; la sensazione è quella di essere in un dipinto ad acquarello.

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Meglio salire nel tardo pomeriggio quando c’è meno foschia e c’è la luce migliore e volendo ci si più fermare per vedere il tramonto.

Non c’è molto qui oltre a un immancabile negozio di souvenir.

Abbiamo voluto visitare anche un’altra Rio, la Rio delle favelas, sapendo che comunque avremmo avuto solo un assaggio un po “addomesticato” della vita di molti carioca che vivono qui, solo una toccata e fuga con il dubbio di aver visto comunque una favela forse un po’ turistica, ma comunque vera nella sua anima.

Rio de Janeiro ha più di 700 favelas, si stima che ci vivano 13 milioni di persone, sono costruite sui pendii delle colline, qui gli smottamenti sono frequenti durate le piogge con conseguenti crolli.

Quello che comunemente si sa delle favelas è che hanno un ordine sociale proprio, chi comanda qui sono i trafficanti di droga e le bande che lottano per il controllo della favela stessa, la vita umana non ha molto valore; ma non tutti gli abitanti delle favelas sono trafficanti o assassini, tutt’altro.

Noi abbiamo visitato due favelas molto diverse tra loro: Ciutad de Rio e Rocinha.

Ciutad de Rio è una delle più piccole e più tranqille, qui la gente vive, tutto sommato, abbastanza bene; sono riusciti ad organizzare una società parallela ed autogestita; hanno scuole, internet cafè, il sistema postale, negozi di alimentari e altri prodotti, ecc.

Per la municipalità di Rio de Janeiro qui c’è un prato o una foresta, di conseguenza nessun servizio pubblico viene erogato agli abitanti delle favelas.

Quando invece siamo andati a Rocinha abbiamo capito subito che la situazione era differente. La guida che ci ha accompagnato, si perché è impossibile e pericolosissimo recarsi nelle favelas da soli, dovete per forza affidarvi ad un’agenzia specializzata, ci ha messo in guarda dai possibili pericoli e ci ha dato una serie di raccomandazioni tra cui, non allontanarsi, evitare di fotografare le persone senza un consenso da parte loro, e poi ha aggiunto che se vedevamo un arma avremmo dovuto abbassare lo sguardo e ovviamente non fotografare ed infine se loro vedevano qualche movimento un po’ sospetto ci avrebbero riportati subito fuori.

A quanto pare vedere gente armata qui è abbastanza comune e talvolta passano per le vie della favela convogli armati che probabilmente spostano la droga o non si sa cosa.

Sono i trafficanti di droga che mantengono l’ordine e la sicurezza all’interno della favela perché non vogliono che venga presa di mira dalla polizia che potrebbe danneggiare i loro interessi, il problema sorge quando è in corso una lotta tra bande.

Non ci sentivamo completamente al sicuro anche se la guida era rassicurante in merito.

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Rocinha è la favela più grande di Rio e di tutto il Sud America, è abbarbicata sul Morro de Provencia ed è abitata in prevalenza dai discendenti degli schiavi delle piantagioni di canna da zucchero, si stima abbia dai 150.000 ai 300.000 abitanti, ma nessuno può dirlo con esattezza, la maggior parte delle persone non è nemmeno registrata all’anagrafe.

Qui vive gente di ogni tipo, dalle donne delle pulizie delle case di Ipanema e Leblon a disoccupati e diseredati, ma anche avvocati e dentisti che non hanno abbandonato le loro origini e operano per la loro comunità.

Rispetto ad altre favela questa è più sviluppata: c’è un sistema fognario, la luce, alcune strade asfaltate, gli internet cafè; è suddivisa in zone e gruppi sociali, impossibili da individuare per chi non è di qui.

Per le strade tutto sommato è pulito ma le case sono spesso fatiscenti e ammassate le une alle altre con fasci di fili elettrici tirati ovunque, qui l’abusivismo regna sovrano.

Ci hanno portato in una strada, Estrada de Gavea, da dove si gode una bella vista del Corcovado, qui ci sono delle bancarelle che vendono oggetti creati dagli abitanti della favela, abbiamo comprato alcuni oggetti, sono originali e tutti con oggetti di recupero.

E’ stata un’esperienza molto interessante e unica, abbiamo incontrato persone piacevoli e ben disposte nei nostri confronti che ci hanno fatto capire, come sempre, che spesso si tende a generalizzare un po’ troppo superficialmente.

Di tutti i posti visitati in Brasile sicuramente Rio de Janeiro è uno di quelli che più ci è rimasto nel cuore e dove sicuramente torneremo.

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