Siamo entrati in Expo2015 dall’ingresso Ovest, il principale direi, visto che qui arrivano la ferrovia e il metro, e sulla sinistra abbiamo visto un enorme parete di legno con una scritta in latino “Divinus Halitus Terrae” che significa “Il respiro divino della terra”, una frase di Plinio che è stata scelta come “porta d’ingresso” a questo padiglione che introduce i temi e i linguaggi di Expo2015.

Il Padiglione Zero è l’inizio di tutte le storie, non a caso è il numero Zero” e infatti tutto ruota intorno al tema portante di Expo 2015 “Nutrire il pianeta” “Energia per la vita” che è stato sviluppato in differenti aspetti: ambientale, tecnologico, sociale, culturale e per farlo è stato scelto un linguaggio  scenografico che lascia il visitatore letteralmente a bocca aperta.

All’ingresso troviamo in po’ di coda, questo perché fanno entrare poche persone per volta, in questo modo si riesce a vivere a pieno l’esperienza voluta da chi lo ha ideato.

Varcato l’ingresso ci troviamo in una sala alta e buia, l’unica luce è quella che entra dagli ingressi al padiglione, di fronte a noi vediamo una immensa biblioteca di legno con un’infinità di cassetti a perdita d’occhio, la maggior parte sono chiusi, ma qualcuno di loro è aperto.

Rappresenta la conoscenza umana e la memoria, è “L’archivio del mondo”, non ci sono libri ma cassetti, elementi tridimensionali dove qualunque esperienza sensoriale può trovare una collocazione.

Superato uno dei varchi aperti nella libreria si giunge in una sala dove su un muro vengono proiettate delle immagini di una famiglia di contadini probabilmente del secolo scorso, le cui giornate vengono scandite dal ritmo della natura; è una storia universale.

In un angolo della sala c’è un enorme albero, a dire il vero si vede solo la corteccia poiché il resto della pianta è oltre il tetto.

La stanza successiva è la mia preferita, dal soffitto scendono dei pannelli con le immagini proiettate di frutta e verdura raggruppate per colori, un bell’impatto visivo aiutato dal fatto che il resto è al buio.

Andando oltre nella stanza, le due pareti sono retroilluminate e suddivise in riquadri dai colori diversi, avvicinandosi ci si accorge che i colori non sono altro che spezie, sementi e bacche differenti; bellissimo l’effetto.

Per chi vuole approfondirne la conoscenza ci sono dei pannelli con la mappa dei riquadri e il loro contenuto.

Il tema è “L’addomesticazione vegetale” e ricorda quando, circa 10.000 anni fa, le prime comunità hanno iniziato a trarre sostentamento dalla selezione e dalla coltura di alcune specie vegetali edibili; da raccoglitori si sono poi trasformati in contadini dando vita all’agricoltura e alla stanzialità degli uomini.

La stanza successiva rappresenta “L’addomesticazione animale”, è una stanza interamente bianca con statue di animali sia al suolo sia appesi al soffitto; sembra di essere in una fattoria “mondiale”, non ci sono solo animali addomesticati dall’uomo ma anche quelli che ad oggi vivono allo stato selvaggio.

La storia dell’allevamento racconta di un alleanza tra gli uomini e gli animali che diventano fondamentali per diversi aspetti della vita dell’uomo dalla nutrizione, al lavoro, al trasporto, alla lavorazione di pelli e lana; gli uomini diventano così ancora più stanziali, evolvono sotto diversi punti di vista e sviluppano il concetto di proprietà privata.

Gli animali diventano così importanti per l”uomo che in alcune culture vengono venerati come sacri o come divinità.

L’arca degli animali del mondo rappresenta la vera grande famiglia a cui apparteniamo.

Da qui una grande porta conduce i visitatori all’esterno, in una sorta di cortile interno; tutto intorno una sorta di trulli, che non sono altro che le coperture delle sale del padiglione; sui tetti inclinati ci sono una sorta di spalti (ma ci si può sedere solo sulle prime quattro fila) che non fanno altro che catalizzare l’attenzione al centro del cortile dove si trova un grande tavolo costituito da più pezzi.

Questa istallazione rappresenta la Pangea, ovvero il mondo com’era 200 milioni di anni fa, prima che le placche continentali iniziassero a muoversi modellando la terra fino a renderla così come è ora; il legno utilizzato per realizzare questa struttura ha 4.000 anni e proviene dalla Nuova Zelanda.

La Pangea rappresenta l’unione dei popoli riguardo al tema universale del cibo e quindi il rito del banchetto diventa la scenografia di un testo di pace; non a caso il titolo di questa istallazione è “La tavola, il teatro del mondo”.

Da uno dei tetti esce l’albero di cui abbiamo visto il tronco poco prima, è un simbolo dell’importanza delle piante; il tema è proprio “la ricchezza delle foreste” che coprono circa un terzo del nostro pianeta e rappresentano un mondo vasto, inesplorato  da cui dipende l’intera umanità; ma è anche la denuncia della distruzione delle foreste a causa del disboscamento, per coltivare, per procurare legna combustibile o per edificare causando cambiamenti climatici.

A livello mondiali si stanno facendo sforzi per combattere questi fenomeni, l’ONU è impegnata in progetto idi valorizzazione delle foreste e di sensibilizzazione.

La stanza successiva è dedicata a “Terre da coltivare, strumenti per lavorare”, il 40% del pianeta infatti è destinato all’agricoltura, ma quasi la totalità dei produttori agricoli sono piccoli agricoltori che spesso non hanno accesso alle tecniche moderne e alla tecnologia; il risultato è che i terreni e il loro lavoro non produce quando dovrebbe.

Se la tecnologia e le tecniche di coltivazione fossero diffuse, le produzioni sarebbero maggiori e questo contribuirebbe a ridurre il problema della fame nel mondo.

Sempre nella stessa stanza una enorme giara rappresenta “La cultura della conservazione”, è possibile entrare nella giara da un piccolo varco, sopra le vostre teste c’è un pannello dove vengono proiettate le immagini di alimenti che vengono introdotti nella giara con tanto di effetti sonori; la sensazione è quella di venire investiti da granaglie o dall’olio di oliva.

Sul lato della stanza una piccola collezione di oggetti antichi provenienti da ogni angolo del pianeta e che venivano utilizzati per la conservazione degli alimenti; raccontano infatti come le varie popolazioni hanno imparato a conservare gli alimenti per garantirsi il nutrimento nel tempo.

Nella parte finale della stanza c’è un enorme plastico realizzato in legno dove è possibile riconoscere tra gli altri un villaggio rurale, una fattoria argentina, lo stabilimento della Ford e la città di New York; rappresenta infatti il passaggio “Dal rurale all’industriale”.

Da qui si accede, scendendo qualche gradino, a “La piazza virtuale del cibo” dove su un enorme wall scorrono le quotazioni in tempo reale di tutti gli alimenti dalle varie borse; inoltre passano messaggi che spiegano come la speculazione finanziaria sugli alimenti crea disequilibri nel mondo.

Questa stanza è di effetto e molto interessante per comprendere alcune dinamiche ignote alla maggior parte dei consumatori.

Adiacente a quest stanza c’è forse l’istallazione che fa più riflettere “Il paradosso dello spreco”, infatti quasi un terzo degli alimenti viene sprecato, buttato e diventa immondizia, fa riflettere come il mondo e le economie siano in disequilibrio, da una parte la scarsità di cibo, dall’altra l’abbondanza.

Quel 30% di spreco sarebbe sufficiente per nutrire 800.000 persone che soffrono di fame cronica.

Proseguendo di arriva a una stanza nella penombra con pareti irregolari dove vengono proiettate immagini di paesaggi meravigliosi dove l’uomo è stato in grado di vivere nel rispetto della natura, in equilibrio tra tradizione e innovazione.

Subito dopo c’è una piccola stanza dove vengono narrati alcuni progetti di conservazione in giro per il mondo.

Questa è l’ultima stanza, dopo di che si esce dal padiglione; la luce del sole riporta i visitatori al “mondo reale” ma sicuramente porteranno con loro un bagaglio di conoscenza e una consapevolezza maggiore sui temi che poi verranno ripresi anche nelle altre istallazione dell’Expo2015.

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